Situato alle pendici del Montiferru, Bonarcado è un paese di origine medievale che conta oggi circa 1500 abitanti. Il suo territorio, di 28,44 kmq, è ricco di sorgenti e corsi d’acqua: a confine con Santu Lussurgiu si trova la cascata di sos Molinos con la vicina sorgente di Pranos, rinomata per la sua acqua minerale. Verso Paulilatino si incontrano i fiumi che scendono dal Montiferru: sos Molinos, Cannargia ed il Cispiri. Lungo le valli si possono ancora oggi ammirare i resti di numerosi mulini ad acqua.
Monte Armiddosu rappresenta la sua zona più elevata: attorno alla vetta si hanno distese di timo, che danno il nome alla montagna e ne pofumano l’aria in primavera ed estate. Un ripido pendio di belle sugherete, lecci e ginestre collega la vetta al pabarile, vasta zona comunale divisa in lotti regolari assegnati alle famiglie bonarcadesi perchè li coltivassero. Grazie al fertile terreno vulcanico su cui sorge, basa la sua economia sulla coltivazione di viti, alberi da frutto, in particolare ciliegi, e olivi da cui si estrae un ottimo olio extravergine di olivo. Rinomata è anche la produzione del miele. Di non secondaria importanza la pastorizia, con l’allevamento e la produzione della pregiatissima carne di Bue Rosso, allevato quasi esclusivamente allo stato brado nel Montiferru.
Il fertile suolo, la presenza dell’acqua e il clima abbastanza mite, hanno fatto si che il territorio di Bonarcado venisse abitato sin dai tempi remoti, come testimoniano le numerose emergenze archeologiche.
I primi stanziamenti umani risalgono al Bronzo antico in località Costa Tana, ma è con l’età del Bronzo medio che il territorio assume un’organizzazione più strutturata, caratterizzata da un'alta concentrazione di nuraghi del tipo arcaico a corridoio, i nuraghi Aurras, Crastu, Temannu Zenna Uda, Sa Perdera e di quelli a tipologia “mista” con l’aggiunta di parti a tholos, i nuraghi Cuau e Scovaera.
Al Bronzo medio e recente appartengono quelli a tholos di tipo monotorre: Larenzu Nieddu, Ruiu, Mura Procos, Bulare Prunas, Perda Caddos e di tipo complesso Livrandu, nuraghe Bruncu, nuraghe Muschìu. Attorno a questi nuraghi si svilupparono estesi abitati con fasi di vita dall’età nuragica all’età romana. Non mancano nel territorio le Tombe dei giganti, rimaneggiate per vari scopi in epoca medievale.
Ma il suo nome è sempre stato associato a quello del suo santuario fondato agli inizi del 1200 dai monaci camaldolesi, notevole complesso religioso posto all’uscita dell’abitato, di cui oggi si possono visitare la chiesa romanica di Santa Maria e il vicino antichissimo santuario della Madonna di Bonacattu. Al XII sec. risale la chiesetta dedicata a Santa Maria di Bonacattu, oggi sede del più antico culto Mariano della Sardegna.
L’impianto originale del tempio era a croce commisa: fu edificato forse tra il VI ed il VII sec. D.C. su un complesso termale di cui si conservano due bracci absidali, la vasca per bagno caldo, tratti di pavimento in cocciopesto, risalenti alla fase romana, e mosaici tardoantichi. La chiesa crucifore ha bracci voltati a botte, che all'incrocio creano uno spazio quadrato coperto da una cupola visibile solo dall'interno perchè esternamente nascosta entro un tiburio quadrangolare coperto da spioventi. Tra il 1246 e il 1263 fu ampliata dalle maestranze che operavano al coevo ampliamento della chiesa di Santa Maria. La facciata è in pietra chiara. Il santuario custodisce un’elegante Madonna con Bambino in terracotta policroma di scultore fiorentino della scuola di Donatello.
La chiesa romanica di Santa Maria venne consacrata nel 1146. L'atto di fondazione, risalente al 1110, è il primo documento del Condaghe di Santa Maria di Bonarcado, insieme di documenti attestanti l'acquisizione di beni da parte di un monastero e la loro amministrazione. I monaci camaldolesi vi si insediarono proprio in quella data. Affiliato all’abbazia di San Zeno di Pisa, il monastero venne fondato per volere del giudice arborense Costantino I. La fondazione comprendeva nove chiese e beni vari quali uomini (servi e ancelle), terre coltivate, vigne, aree boschive, pascoli, bestiame, la loro autorità e giurisdizione si estendeva su tutto il territorio.
La Basilica venne eretta con l'impiego di cantoni di basalto scuro locale e inserti di trachite rossiccia in facciata. Originariamente a navata unica e con pianta a croce commissa, venne ampliata tra il 1242 e il 1268 verso est, con l'abbattimento dell'abside originaria e l'innesto di un corpo trinavato e nuova abside semicircolare. Sul braccio meridionale del transetto fu innalzato il campanile, a canna quadrata.
Le maestranze attive nella fase edilizia duecentesca, di probabile provenienza iberica, introdussero per la prima volta in Sardegna una serie di elementi decorativi di foggia islamica, quali gli archetti lobati, lesene a soffietto o a fisarmonica, peducci gradonati e a piramide rovesciata.