Situato nell’estrema propaggine sud-occidentale del grande vulcano del Montiferru, Narbolia è’un centro di circa 1700 abitanti posto a 57 mt s.l.m. La quota più elevata è Monte Rassu che incombe sul paese col suo bastione roccioso da un’altezza di 475 m, digradando nei rilievi tondeggianti di Monte Arru e Cuccuru S’Eremita, coperti da una bassa macchia di cisto. lentischio, e ginestre.
La sua superficie territoriale di 40,5 kmq, pur non essendo molto vasta presenta aspetti paesaggistici e ambientali quanto mai vari, che vanno dalle rocce vulcaniche di Monte Rassu, alla zona pianeggiante di Cadreas, al confine con la pianura del Campidano, fino ad arrivare alla maestosa pineta di Is Arenas - impiantata negli anni Cinquanta per arginare il fenomeno di desertificazione -, e delle sue ampie e lunghe spiagge, dalle caratteristiche dune. Gli appassionati di golf vi potranno trovare un campo da 18 buche, annoverato fra i venti migliori campi da golf d’Italia.
L’economia del paese, un tempo basata sulla fabbricazione della calce, di cui ancora oggi si conservano 19 fornaci nelle quali si lavorava a cavallo tra l’ottocento e il novecento, è oggi di tipo agropastorale, grazie alla fertilità del suo terreno, irrigato e riparato dai venti freddi che, consente una buona produzione di agrumi, cereali e legumi, ma anche di vigne ed ulivi.
Il toponimo deriva dalla presenza nel territorio della malva arborea, chiamata in sardo narbonia, ma appare più suggestiva la derivazione da Nurapolis, città dei nuraghi, per via della loro numerosa presenza nel territorio.
Il territorio è stato abitato stabilmente sin dal Neolitico medio, come testimonia la statuina femminile di “dea madre” rinvenuta in località Su Anzu, e nelle successive fasi del Neolitico recente, come attestano i siti di Funtana e Figu e le domus de janas in località Campu Darè: complesso funerario composto da almeno dieci strutture megalitiche risalenti con tutta probabilità al Bronzo Medio e Recente, raccolto in un’area di circa mezzo chilometro quadrato, all’interno di un quadrilatero con ai vertici quattro nuraghi.
In età nuragica questo territorio assume caratteristiche che ne fanno una delle aree a più alta densità monumentale di tutta la Sardegna. Conta un solo nuraghe arcaico a corridoio e pochissimi a tholos semplici, mentre sono numerosi, e strutturalmente rilevanti, i nuraghi di tipo complesso, ad addizione frontale, laterale, di tipo trilobato e quadrilobato, tra questi i nuraghi Tradori, Zoddias, Zufais, Cresia, Terra Craccus e Tunis, famoso per il ritrovamento al suo interno di monete e terrecotte romane.
Nel medioevo il centro denominato Nurabulia crebbe di importanza e nei suoi pressi si svilupparono anche i villaggi di Tune e di Mura, di cui sono osservabili i ruderi della chiesa di Sant’Andria de Mura.
Al periodo fenicio-punico risale probabilmente sa Muralla, maestosa struttura in blocchi di basalto posti in opera a secco su sette filari regolari. Posta nei pressi della chiesa parrocchiale, la costruzione è spessa circa 3 mt, alta 3,50, e lunga 17,25. E’stata interpretata da alcuni come avamposto fenicio punico eretto a protezione e controllo dell’importante via di penetrazione verso l’interno, ma potrebbe anche essere un’originaria edificazione in età nuragica, poi riutilizzata in età punica.
Grande interesse ricoprono gli ambienti termali della villa su Anzu, insediamento romano tipo villa urbano-rustica, collocabili tra la seconda metà del I sec. d.C. ed il VI sec. d.C. su un’area di 180 mq. Ruderi di ambienti termali sono stati individuati anche a Sant'Andrea, poi trasformati e sostituiti in chiesa cristiana in età altomedievale.
Grazie ai recenti interventi di recupero del centro storico, si possono ammirare le caratteristiche antiche case, austere ed eleganti nel colore scuro tipico della pietra locale, il basalto. A poca distanza dall’altrettanto austero muraglione basaltico, sorge la parrocchiale di Santa Reparata, chiesa romanica risalente al XIII sec., domina sull’intera vallata. Nel corso del XVI sec. fu oggetto di restauro con l’inserimento di elementi gotico-catalani,. Custodisce al suo interno un monumentale altare risalente alla fine del XVIII secolo. A partire dalla metà dell'Ottocento la chiesa fu sottoposta ad un ampio programma di restauro.
Delle chiese di Santa Caterina, Sant’Andrea Aposto e Sant’Andrea de Mura, si conservano ormai solo i ruderi ma, caratteristica è la duecentesca chiesetta “de s’eremita Matteu”, situata alle pendici dell’omonima collinetta. Il tempio è legato alla tradizione dei Romitori, ovvero quei luoghi isolati dove i monaci (prima, e gli eremiti volontari poi), si recavano periodicamente a pregare e studiare. Costruita in materiali basaltici e calcarei, è costituita da un unico vano con annessa cella a cubicolo. Oggi è abbandonata, ma in discreto stato conservazione.