La villa di Zeddiani, centro di circa 1100 abitanti, fece parte della curatoria del Campidano Maggiore, regione storica facente capo al Giudicato di Arborea. Dal 1410, dopo la sconfitta subita dal Giudicato di Arborea ad opera dei Catalano–Aragonesi, questo villaggio fu incluso nel Marchesato di Oristano. Nel 1470 il feudo passò a Leonardo Alagon: sotto la dominazione spagnola fu incorporato nel patrimonio regio e nel 1767 fu concesso dai Savoia ai Flores Nurra, marchesi d'Arcais, che lo tennero fino all'abolizione del regime feudale (1839). Nel 1859, il Comune entrò a far parte del Mandamento di Cabras nel circondario di Oristano, inserito nella provincia di Cagliari. Durante il periodo fascista, il Comune venne aggregato al Comune di San Vero Milis, dal quale ritornò autonomo il 23 agosto 1947.
Ma le origini di Zeddiani risalgono a molto tempo prima. Abitato fin dall’epoca nuragica, nel territorio intorno al paese sono ancora visibili i resti di numerosi nuraghi, tra i più importanti si annoverano i nuraghi Couau e Urigu.
Nei secoli il paese ha cambiato più volte toponimo: Cellayani, Cellevane, Seleiani, tutti provenienti dal termine latino "cellarium", vale a dire "magazzino", luogo di deposito dei raccolti effettuati nei confinanti abitati, soprattutto del grano.
Il territorio, totalmente pianeggiante è posto su di un terrazzo di sedimenti fluviali in riva al fiume Cispiri, è circondato da colture agricole e vigneti che offrono prodotti rinomati occupanti la quasi totalità dei suoi 11,88 kmq.
Dove il confine tra le proprietà è segnato da recinzioni diverse - in siepi di canne, di fichi d’india e di rovi - si ritrovano le coltivazioni che contraddistinguono il territorio: la produzione cerealicola e quella orticola del pomodoro, la cui Sagra si svolge ogni anno nella seconda settimana di agosto e la rinomata produzione di Vernaccia, vino doc dolce e profumato.
Nell’immediata periferia del paese si apprezza l’importante oasi naturalistica tra il “Rio Cispiri”e lo stagno di “Mare Foghe”, quest’ultimo habitat naturale per specie quali trampolieri, aironi cinerini, garzette, anitre selvatiche, folaghe, gallinelle d’acqua e il sempre più raro “pollo sultano”; inoltre le acque sono popolate da carpe, tinche e altre specie. La zona umida è frequentata da rettili inoffensivi come la natrice viperina e la tartaruga d’acqua.
L’intero paese, con l’eccezione degli edifici religiosi e di qualche palazzotto, era originariamente costruito in ladiri, mattoni di terra locale e paglia fatti essicare al sole che venivano impiegati nella costruzione delle case: alcuni esempi di fabbricati realizzati in ladiri possono ancora oggi essere apprezzati percorrendo le vie del centro abitato.
Di pregevole interesse architettonico riveste la chiesa della Madonna delle Grazie, nel paese conosciuta come chiesa di S. Antonio da Padova. Situata nel cuore del paese, risale alla prima metà del XIII secolo. In origine fu edificata in stile romanico, con navata unica, in seguito, nel Seicento, la chiesa fu quasi interamente ricostruita. La facciata fu modificata e ora si presenta con forme baroccheggianti. Da un’attenta analisi si può però notare la forma primitiva data dai conci in arenaria e basalto, sui quali sono stati aggiunti i mattoni. Probabilmente in origine era sovrastata da un campanile a vela, del quale si nota la base, analogo a quello visibile sul retro, che non ha subito modifiche. Sempre sulla facciata si possono notare gli spazi circolari dove in origine erano posti i piatti policromi, tipici dell'architettura romanica.
Situata nella periferia nord-ovest, la chiesa parrocchiale risalente al diciassettesimo secolo è dedicata a San Pietro Apostolo. La semplicità formale della facciata é scandita dal portale principale sormontato da una piccola luce ottagonale, racchiusi entrambi da cornici in pietra basaltica. Gli elementi costruttivi denotano l’utilizzo di blocchi regolari in basalto fino all’altezza del portale per poi continuare con la muratura in pietrame misto e mattoni cotti. Al suo interno sono custoditi antichi arredi e un altare ligneo barocco in cui campeggia il simulacro della Madonna della Neve in legno policromato, caratterizzata da pregevoli finiture in oro zecchino.